Far From Earth

Chronicles From Zeta Reticuli


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Hope

Sinceramente. No, davvero, non sto scherzando. Non riesco a capire la logica dietro tutto questo. Forse la soluzione più rapida (che se non altro Occam ci indicherebbe, ma sappiamo tutti che Occam in fondo in fondo si sbagliava) sarebbe che non c’è logica, non c’è spiegazione o senso, è una massa informe di caos che si muove qua e la. Però. Però io sono razionale. Iper-razionale anzi, almeno secondo i valutatori della mia scheda di assunzione. E dunque non posso accettare, perché profondamente convinto, che non ci sia logica nelle cose. E’ possibile che non ci siano connessioni logiche qui, ma nel totale non si scampa, prendendo in considerazione in tutto non possiamo toglierci dalla logica. Ma noi non viviamo nel tutto, solo in una piccola parte, e forse non è una nota così trascurabile.

Ok, forse devo mettere qualche soggetto e qualche spiegazione in giro, altrimenti è difficile seguirmi, ma non è detto. Dunque dicevo, sono attonito dall’illogicità di tutto questo, di quello che c’è, del mondo e dei suoi accadimenti. In grande scala ed anche alle piccole. Ogni giorno va in scena l’assurdo, ogni giorno di più, e ad ogni nuova sfumatura che si presenta la accettiamo, la accogliamo, per andare avanti, per non pensarci e crogiolarci nei sogni dopaminici di un domani migliore. Che non arriva. mai.

Io ho un senso molto forte della “giustizia” (virgolettato per decenza, sono mie valutazioni personali e quindi molto limitate, non pretendo di essere il verbo), come posso vedere la decadenza e il menefreghismo cavalcare sempre più le onde della crisi (economica ora, ma prima ancora morale ed anche mentale) senza che nessuno alzi la mano dicendo “hey, ma ci stiamo dirigendo verso l’iceberg, forse dovremmo smettere di suonare l’orchestrina e virare …”.

C’è la crisi, quella economica almeno sembra l’abbiano riconosciuta, ma va tutto bene lo stesso. C’è una crisi che vorrà dire lacrime e sangue, chieste a chi già le ha versate molte (molte) altre volte, e beotamente ci si avvia verso l’assunzione di tali impegni. Perché la situazione è seria ci dicono, perché altrimenti finiamo come la Grecia. Ma vaffanculo. Perché chi lo dice, chi propina queste soluzioni e le spinge non la sente la crisi, per “loro” sarà un sottile venticello. Tagli di qua, tagli di la, verso dove nemmeno le sarte per bichini interdentali osano. Però non sono state aumentate le tasse. Certo, le aumenteranno i comuni ma non il governo, certo non aumentano le tasse ma diminuiranno i servizi, che dovranno comunque essere pagati.

E poi c’è il razzismo, cieco e verde di invidia, l’omofobia, pruriginosa e dalla doppia faccia, l’evasione fiscale, diffusissima ma “normale”. E tutto confluisce ed alimenta al tempo stesso una rabbia, quella rabbia che si sente muoversi nella pancia delle persone, rabbia che però non sembra trovare la strada giusta, la vera causa, e quindi si scava vie di fuga laterali attraverso altri problemi, che poi tali non sono (ma chi se ne frega, tanto sono tutte immaginette per distogliere l’attenzione).

E poi e poi e poi. E poi, leggendo i mille feed che ogni giorno affollano il mio rss reader, tra libri e discussioni con gli amici di sempre, vengo a conoscenza ogni giorno di mille e mille piccoli particolari, minuscole notizie in trafiletti oscuri, sottili e vacui segni nell’ombra, che però scoprono le crepe nelle fondamenta di questa nostra vecchia nazione e del sistema mondo intero. E mi sento via via svuotato verso questo mondo. Ed ogni volta mi sento scendere un gradino più giù in una scala che sembra senza fine. Sempre più in basso, sempre peggio.

Quelche segno positivo, una stellina lontana, ogni tanto si accende, e così io non mi rassegno, non ancora, non per ora.

Perché le possibilità ci sono, così come le persone valide ed il tempo. Io credo in un mondo migliore, e se ci credete anche voi sappiate che non siete soli.


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Ci conosciamo?

Ovvero, come distinguere se una persona mi conosce o meno

L’altro giorno stavo andando alla classica macchinetta del caffé (hanno pure aumentato il prezzo, 26 cent. , porcalapupazzetta), e mentre cammino per il corridoio dell’azienda incontro un collega che stava mostrando l’ubicazione delle fondamentali aree di svago ad una nuova collega appena assunta

Tralasciando il fatto che qui se non sono malati di mente non li assumono (la tizia, molto simpatica invero, ha una specie di malattia mentale per i palindromi, che a livello di interesse ci possono stare, ma non se ti portano a fotografare tutte le cose che sono palindrome ed a contagiare le persone che conosci, a partire dalla famiglia), facciamo due chiacchiere mentre aspettiamo che la macchinetta faccia il caffè.

Io ad un certo punto, per fare il “simpatico” faccio finta di distrarmi mentre lei sta parlando, e appena finisce le dico che avevo seguito il discorso, anche se non sembrava. E’ un modo come un altro per cercare di essere un po’ simpatico … ma il caso vuole che io abbia fatto finta di distrarmi guardando nel vuoto in una altra direzione, e casualmente (sottolineo il casualmente) in quella direzione c’era una ragazza chinata di spalle. La nuova assunta appena le dico che avevo seguito il discorso si volta e fa 1+1 , solo che in questo caso il risultato è sbagliato xD

Ed anche il mio collega rincara la dose convenendo che mi ero distratto a guardare l’altra tizia. Cioè, non che ci sia qualcosa di male nel farlo, in senso generale, e probabilmente normalmente lo avrei anche fatto, ma in questo caso specifico la questione è andata esattamente all’opposto di come sembravano indicare le prove. Ho fatto la figura del porco assatanato con una collega appena conosciuta … ottima impressione direi :D Senza contare che non sono riuscito a convincere il collega che le cose erano andate in modo diverso da come sembravano.

Probabilmente ora vi chiederete cosa centri il tutto con il titolo del post. Semplicemente, quando si parla di me e delle cose che faccio, se le cose sembrano razionalmente puntare in una direzione, la classica soluzione più semplice, c’è una alta probabilità che siano andate del tutto all’opposto. Con me la soluzione migliore è sempre e solo la scelta meno ovvia e più insensata xD


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Il migliore dei lavori possibili

Un tempo, quando ero un giovane (!) imberbe pensavo che il lavoro perfetto fosse fare qualcosa che mi piacesse, seguire una passione, accompagnare quella che poteva essere una predilezione naturale. Di fatto sarebbe una idea invitante, fare per lavoro quello che non solo ci piace, ma che vogliamo fare. Dare alla volontà dei singoli l’applicazione pratica nella vita, lasciare decidere alle persone il cosa fare, come e perché.

Sarebbe stato bella, si. Ma. Ma non fu più così.

Con gli anni mi sono ravveduto ed ho perso questa visione eterea del mondo del lavoro. Nulla di eclatante, nessuna rivelazione, non mi sono trovato faccia a faccia con quella che potreste aver richiamato alla mente come “la dura realtà”. La vita di tutti i giorni esiste ed è sempre stata li, baldanzosa, a mostrarsi contrafforte delle idee di lavoro ideale. Non ho vissuto la dissoluzione di questa idea come una cacciata dall’eden, dove il paradiso è perduto e la riconquista comunque non avverrà mai in questa vita. Con il tempo ho riflettuto su quello che vedevo, sui lavori che si fanno anche se non piacciono, sulla necessità del lavoro, sulla leva del lavoro. Il denaro.

Non si vive per lavorare, come viene ripetuto da generazioni, purtroppo invece si lavora per vivere. E dico purtroppo perché con questa affermazione, che poi ha radici sane e forti nella realtà di tutti i giorni, subordiniamo la vita al lavoro. Stiamo dicendo che la vita vale il lavoro che si fa, che la vita non è sacra a priori, ma assume un peso in funzione di altro, e questa è una condizione solamente (e penso anche un po’ stoltamente) umana.

Il lavoro rende liberi. E per evitare parallelismi da baffetti neri e capello brillantinato posso già dire che non ci sono altri parallelismi oltre a quelle quattro parole. Con il tempo, con le esperienze mie e degli altri, ho pian piano imparato che il lavoro, quello brutto e sporco, che non piace a nessuno ma va fatto per vivere, ha proprio la peculiarità di renderci liberi. Il lavoro, non quello ideale, perfetto o fatto a nostra misura, é un mezzo. Il lavoro è _solo_ un mezzo. È il mezzo dell’indipendenza dalla società, dopo che essa stessa ci ha legati a sé. Perché cercare un lavoro perfetto, che unisca le passioni e le mie necessità ?

Le mie passioni, le mie affinità, quello che amo fare, non voglio cadano nel calderone del lavoro. Perché il lavoro è legato a doppio filo con il denaro, e se non c’è nulla di male da un lato, perché il denaro non rende si felici ma da una mano a vivere, dall’altro lato il denaro corrompe. Il lavoro ideale finirebbe sempre per piegarsi ad alcune necessità proprio perché un lavoro, e quindi soggetto alle necessità di chi ne usufruisce prima delle mie (si potrebbe anche bilanciare tali necessità, ma alla fine chi paga è richiedente il lavoro, non noi). E per me piegare le passioni, le inclinazioni e le idee verso qualcosa che magari non condivido solo per denaro è un modo di fare che proprio non mi va.

Il lavoro, quello buono e non perfetto, non è in fondo qualcosa che ci piace fare al fine di essere pagati, magari interessante e magari anche non sempre piacevole, ma che ci permette di alimentare il sole delle nostre passioni, che non finirà così spento dalle necessità della vita ?