Far From Earth

Chronicles From Zeta Reticuli


Leave a comment

Sogni, pasta e stelle

Dove sono finiti i sogni?
Così incominciava un commento lasciato qualche tempo fa.
L’avevo domandato un po’ retoricamente, ma subito era suonata familiare la domanda, mi rimandava ad un pensiero in attesa.
Già, altre volte io stesso mi ero posta tale domanda, anche se solo nelle grandi stanze della mia mente, e li nell’eco dei pensieri, delle menti, mi ero un po’ alla volta risposto seppur senza mai concludere chissà cosa.

Dove sono finiti i sogni. Si, ma quali sogni?
Ce ne sono molti, grandi o piccini, alcuni impossibili ed altri che già ci osservano dietro il prossimo futuro. Di sogni la vita di tutti ne è piena, chi più e chi meno tutti sogniamo. Però non sogniamo allo stesso modo, come ci ricorderà anche T.E.Lawrence, i sogni sono legati a doppio filo con la ragione, con quello che ci accade di giorno in giorno. E non parlo solo di quelli che sono i racconti onirici, le storie che viviamo nel mondo di Morefo, nel mondo fatato dove tutto è possibile, salvo al risveglio accorgersi della vanità di quanto si è passato.

Parlo soprattutto dei sogni, delle aspirazioni, delle idee che nascono nelle menti di chiunque durante la propria vita. I bambini sognano, molto spesso ad occhi aperti, sembra siano naturalmente portati per i voli della fantasia. Ed i loro sono i sogni più limpidi e cristallini, perché quelli meno legati alla realtà di un mondo che devono ancora scoprire, insensibili alle regole che sembrano permeare il mondo degli adulti, meno tarpati da quella che con il tempo l’uomo impara a chiamare “dura e cruda realtà”.

Sì, con il tempo i sogni evolvono, come si evolve la persona, crescono con lei e cambiano di argomento, sempre più legati alla storia personale di chi sogna. Ma mentre che cresciamo perdiamo al contempo la capacità di vedere con chiarezza, la capacità di immaginare, il coraggio di pensare oltre la logica, come se invecchiando gli anni pesassero non solo sul fisico ma anche sull’immaginazione. Adolescenti e poi adulti impariamo che molti dei sogni passati erano vuote elucubrazioni, voli pindarici della mente senza alcun paracadute che arrogantemente sfidava il mondo senza sapere, senza curarsi di cosa dicesse la realtà.

Imparando come “gira il mondo” annuiamo ai prigionieri che prima di noi finirono in catene, e senza opporre resistenza ci uniamo alle loro schiere senza intravedere alcun vero carceriere. Rinunciamo ai sogni, per mille e una motivazioni, dimentichi però che i sogni sono l’opposto della logica e della ragione. Non solo abbandoniamo la nave per la terra ferma, ma perdiamo anche il ricordo di come si navigava, delle emozioni, della vita la fuori, e così facendo perdiamo parte delle nostre radici.

Tempo fa lessi una citazione che mi colpì molto per la sua semplice verità:
“Non rinunciare ad un sogno solo perché pensi che ti ci vorrà tempo per realizzarlo, il tempo passerà comunque.”
Ed è proprio vero, un sogno, qualunque esso sia, vive nella nostra mente, e se rinunciamo a lui per qualche motivazione è si una nostra scelta, ma dobbiamo ricordarci che per quante ragioni ci possano essere contro un sogno, non è la razionalità che li fa vivere ma un pizzico di follia.

Dedico il post a chiunque si sia fermato a pensare che i sogni se ne stanno andando, perché se lo vogliamo davvero i sogni rimarranno con noi, e diventeranno realtà.
Ogni sogno è una stella, e io credo nelle stelle.


10 Comments

Felicità, istruzioni per l’uso

Lentamente muore Libero_113

Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

P. Neruda

Tempo fa, girando per blog (cosa che ogni tanto faccio, ma poi non così spesso) mi sono imbattuto in (guarda caso) un post. Non ne condividevo la visione, e così ne copiai uno stralcio, avendo in mente di commentare prima o poi il tutto, però non riportai l’autore/autrice (e vista la mia veneranda età e l’Alzheimer galoppante, non si può certo pensare che mi ricordi il nick in questione).

Quando si è felici molto giovani, l’unica ossessione che si ha è di mantenere questa condizione. Si vive ansiosamente con il dubbio, quasi la certezza, che le cose peggiorino. Il peggio à che le persone che si abituano a essere felici non sanno soffrire. Soffrono il triplo di chi ha già sofferto. E’ ingiusto ma è così. Lo stesso avviene in amore. Si vive nella sua attesa e, quando finalmente arriva, si vive con la paura di perderlo. E dopo averlo perso, non c’è più niente da aspettare. Andare avanti è come morire. Le persone dovrebbero incontrare il grande amore della loro vita soltanto quando sono anziane. E’ sempre meglio vivere prima della felicità che dopo.

Questo era quanto riportai, ai tempi. Come ho già detto, non sono esattamente d’accordo con quanto scritto. Decisamente no. Voglio dire, sicuramente per qualcuno quanto riportato sopra sarà anche vero, ma credo e spero non siano la maggioranza. E comunque non è vero, per quanto mi rigguarda. Solitamente la felicità, quando arriva, porta lontano anche la mente, e non la impegna a pensare come mantenere la condizione. E’ vero che si vive con la certezza (spesso inconscia) che la felicità finirà, ma altrettanto certamente è nto che questa si rinnoverà. Quella che chiamiamo felicità ha una durata finita, ed è intervallata da fatti che sono comunque la nostra vita, che ci insegnano comunque ad essere felici (siano essi semplici passaggi, o dolori profondi).
Le persone che si abituano a essere felici nonnsanno soffrire, è vero, ma chi si abitua a soffrire non sa essere felice (e qui ne so ben più di qualcosa). Non ci si faccia traviare da quella parte della morale cristiana che ci parla della sofferenza e del sacrificio in modo spesso (forse troppo spesso) enfatizzato. Non è ingiusto, perché non sono ingiusti felicità e sofferenza, sono componenti imprescindibili della vita. Possono esserci momenti in cui facciamo (si, questa volta mi ci metto anche io) fatica a sopportare gli accadimenti, ma se si superano questi sconforti, si impara davvero molto, e difficilmente si rinnega quanto è stato.
Si vive in attesa dell’amore? Qui dovrei parlarne a lungo, perché per parte mia (ma spero di essere più chiaro in un post ad hoc) vedo che l’amore è mostrato solitamente in modo molto parziale. Si vive in attesa dell’amore, ma spesso più che aspettare il sentimento si aspettano le proprie idee, tutto quello che si costruisce con la propria mente. Una tra le cose, credo più belle, dell’amore è perdersi nell’altra persona, vivere oltre se stessi, ma un po’ anche grazie e tramite l’altra persona. Non c’è paura di perdere un amore se non c’è paura nell’amare, perché lasciarsi andare completamente e amare il più intensamente possibile, quand’anche le cose non dovessere funzionare (come si suol dire), non farà morire il sentimento che c’è stato. L’amore vive sia in chi amiamo che in noi, e quando manca una delle due componenti la fiamma si affievolisce ma non si spegne, se davvero abbiamo il coraggio di credere nell’amore.
Quando si perde qualcosa cui si erano legati i sentimenti in modo profondo, è sempre (e dico sempre, indipendentemente da come poi si esteriorizzi tale realtà) una fine. Perché chi condivide molti sentimenti, ha capito e sa che ne sta donando a quel qualcosa. E se il soggetto di questi sentimenti dovesse svanire, con lui se ne andrebbe parte dei sentimenti donati, lasciando scoperta una ferita la dove è la mente incontra il cuore. Si, andare avanti è come morire, ma si va avanti, e in qualche modo (e ognuno ha il suo, anche se tal’uni non ne hanno) si supera quanto è stato. Nessuno dice che la vita sia priva di sofferenze, e non credo nemmeno sia auspicabile una vita del genere (e lo stesso vale per il converso), la vita è viva se lasciamo crescere in lei i sentimenti, la curiosità e la forza di volontà.

Io non vorrei mai vivere solamente prima della felicità, né solamente dopo di essa. So che detto da me è strano, io non sono convinto di vivere in un senso pieno. Eppure la vita non posso che pensare di viverla, prima durante e dopo, perché so (o meglio spero, convincendomene) che per chi incontrerò e per quanto passerò, vorrò andare avanti per vedere cosa ci sia domani. Quanto è stato mi fa sperare per l’oggi, e ancora più per il domani, non temo di perdere tutto, perché so che avrò la forza di ricostruire. Non temo di cercare la felicità, perché se la perderò alzerò lo sguardo e mi guarderò di nuovo intorno.

Perché la felicità a volte non è dove guardiamo, ma solo un po’ più in la.