Far From Earth

Chronicles From Zeta Reticuli


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Projects

Stavo per scrivere di aver appena finito il primo progetto serio del 2013, ma mi son ricordato che il giovedì appena passato ho fatto l’esame di cintura di kickboxing e sono passato (cintura blu), quindi almeno formalmente oggi ho completato il secondo progetto dell’anno. Mi premeva finire questo in particolare perché era in cantiere da dicembre.

Cavolo, nemmeno uno se ne accorge e passa da zero a due progetti in un solo istante :D

Aver finito questo progetto è importante anche perché ce ne sono altri che ho iniziato in parallelo (alcuni con altre persone coinvolte) e quindi prima finivo questo, prima riuscivo a portare avanti gli altri con maggiore continuità. Tre mesi per un progetto potrebbero sembrare molti, ma considerate che ne ho alcuni aperti da anni (giusto a dicembre ho finito un segnalibro che avevo iniziato mi pare nel 2003, per capire la proporzione temporale dei miei progetti xD). È che in alcune attività aspetto che la mole di informazioni sia sufficiente a compiere il passo successivo e faccia procedere l’idea in modo naturale. A volte bastano poche ore, a volte sono necessari anni.

Comunque non posso dilungarmi sui dettagli del progetto appena chiuso, penso basti la gif qui sotto ;)


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Tecnica del disegno: La Separazione

Per i/le folli che non hanno nulla da fare e vogliono perdere la poca ragione rimasta, ebbene si, io, disegno. Lo faccio perché mi rilassa, come con i bonsai o la corsa, mi permette di staccare la mente e di concentrarmi su una sola cosa, su un solo argomento da portare a termine. Non che sia un gran che bravo (come del resto con bonsai e corsa), ma mi trovo bene con queste mie passioni, e quindi continuo da lungo tempo.
Di recente, grazie ad una amica, ho ripreso a disegnare con più gusto, credo anche perché “dover” disegnare per qualcuno mi aiuta a dare un senso, o quanto meno una direzione, ai disegni che faccio.
Questo non toglie che i miei disegni siano molto poco professionali, anzi. Sono pieni di difetti, piccoli e grandi (se chiedete vi spiego anche dove siano ;) ), e ogni volta che disegno è sempre un tormento portare a termine qualcosa, perché ogni piccolo schizzo mi sembra sempre zeppo di errori e di cose da migliorare. Ma nonostante tutto vado avanti.

Questo anche perché ho ripreso un buon metodo (funzionale anche con altre questioni) per limitare l’eccessiva attenzione a quanto sto facendo. La separazione del lavoro. La separazione aiuta a non vedere le schifezze che fate e, tornando sul luogo del delitto, potreste persino trovarle decenti gli sgorbi che il mondo stesso si è rifiutato di credere potessero esistere (o almeno per me funziona così) :D Il senso della separazione è che, cambiando focalizzazione del pensiero siamo in grado di ripristinare la corretta prospettiva, il giusto peso, a particolari che magari durante un disegno prolungato finiamo con l’ipercriticare, senza magari essere “davvero” oggettivi. Un po’ come dormire sopra una questione importante, farsi una passeggiata per schiarire la mente, alternare momenti di svago completo a momenti di studio, etc. Il metodo funziona anche con le incazzature, questioni lavorative e affari di cuore.

Beh, il tutto era per mettere almeno un disegno, ogni tanto ;)


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22n (35’47” @ 8km)

(continua) Che altro si è perso?

Il buon senso, anche se è oramai parola abusatissima (al punto da domandarsi se vi siano state epoche in cui sia davvero esistito, oppure siamo di fronte ad una metafora del “si stava meglio quando si stava peggio”). Il buon senso più che morto è stato ricacciato nelle cave. Lo si richiede a gran voce ovunque, ma poco o nulla si fa per farlo tornare. Ci domandiamo spesso dove si sia nascosto, ma siamo ciechi alle nostre stesse azioni che lo hanno portato così lontano. Il mio capo spesso dice che oggi non esistono più persone stupide, che la società ha formulato infinite variazioni di problemi e malattie per distrarci (divertirci, come direbbe Cartesio) dal senso vero. Perché il senso vero credo sia che le persone stupide ci siano ancora, come ci siano quelle svogliate, quelle iperattive e quant’altro. Ma è maggiormente accettabile, moralmente, nominare qualcuno in modo asettico e neutro con un termine definito dalla “scienza”. Così non si deve trattare con i risvolti etici e personali del problema, ma semplicemente si possono meccanizzare le azioni ed inscatolare tutto in modo sicuro. Siamo passati forse da una società dell’empatia, magari sanguigna e non sempre corretta, ma onesta, ad una società della distanza, dove i problemi sono sulla carta, e se non sono li allora non esistono. E per la stessa strada è passato il buon senso, a cui si è sostituita la correttezza formale, rovesciando il senso stesso della società.

Perché la società, sublimazione del branco, è un assieme di individui, anzi di più, in senso chimico è una soluzione di loro (più che un conglomerato). Ma oggi più che mai le strutture che la società si è data, invece che essere figlie si sono trasformate in madri, ed hanno portato la morale dei singoli a seguire la deriva di queste strutture, dove invece una volta erano i singoli (e le loro derive, è vero) a dirigere la società. E in questi tempi post-moderni la direzione presa è quella di un formalismo estremo, della burocratizzazione delle relazioni, quella meccanizzazione preconizzata da Chaplin in “tempi moderni” ma reinventata in modo più sottile. Oggi non si giudicano le proprie azioni in base a degli ideali, non si cerca di capire se e quali siano le idee a cui votarsi, si cerca di pararsi la schiena aderendo il più possibile allo status quo, la forma è diventata anche la sostanza di se stessa, e dunque quella basta per motivare una azione. Ma in questo modo esautoriamo la ragione perché associamo il “bene” a quello che le strutture sovra-sociali ci dicono essere il bene, atrofizziamo la nostra capacità di giudizio e di azione di fronte alle scelte, perdendo un po’ alla volta il buon senso che abbiamo.

Ma al suo estremo opposto il buon senso non deve essere chiusura, illusoria visione del presente come continuità rigida con il passato, giudizio assoluto e cieco. Il buon senso non è faciloneria, al contrario è il più ampio uso della ragione di fronte ai problemi, ma con in mente la chiarezza del percorso che seguiremo. Buon senso non è impedire le azioni che ci possono sembrare stupide, ma dare la possibilità alle persone di soppesarne le conseguenze e di scegliere comunque in modo libero. Il buon senso quindi non più solo come istintuale decisione di cosa sia meglio, ma novella commistione tra intuito e ragione, tra comprensione senza parole e condivisione razionale di quanto si cerca di capire. L’intuito guiderà la ragione dove questa non trovi appigli, la ragione darà forza al cuore dove questo rimanga abbagliato ed ingannato dai fatti. Perché alla base c’è comunque la libertà di ognuno, e per quanto le scelte dei singoli possano essere o meno condivisibili, se la decisione è consapevole e meditata, dobbiamo solo sostenere quanto si sta per compiere, anche se magari non concordiamo. È il fardello della ragione e della maturità.

E dunque l’unica medicina contro questo tremendo vulnus moderno, a meno di non optare per la fede nelle scelte sovra-sociali, è la ragione, la ribellione di fronte alle idee, la voglia di fermarci e prendere tempo per sfidare quelle idee, per poi arrivare magari alle medesime conclusioni, ma saranno a quel punto anche nostre, ed avremo guadagnato in onestà.

E poi, che altro …